La misura è colma da tempo e senza un intervento risolutore da parte della Regione…
I dati recentemente elaborati da CGIL Bergamo certificano un ‘travaso’ di pazienti dal pubblico al privato e confermano che il sistema sanitario lombardo non è in buona salute e rischia di peggiorare se non interveniamo in tempo.
La riforma Maroni, poi modificata da Letizia Moratti, sta presentando il conto, e lo sta facendo a scapito della qualità del servizio sanitario pubblico; le giunte di centrodestra di Formigoni, Maroni e Fontana che si sono susseguite negli anni non sono mai intervenute regolando l’offerta sanitaria ed il “mondo privato”, in mancanza di vincoli rigorosi, si è concentrato in diversi casi sulle prestazioni più remunerative (e di recente con l’attivazione di servizi essenziali a pagamento come il pronto soccorso e la guardia medica), lasciando in capo alle strutture pubbliche quelle con meno margine di profitto (più complesse, più costose, etc) e soprattutto tutti i servizi territoriali erogati fuori dall’ospedale che sono quelli che in questi anni sono stati i più penalizzati (assistenza domiciliare, gestione dei cronici, medici di base, infermieri di comunità, guardie mediche, attività di prevenzione, etc) e che speriamo oggi, grazie al PNRR, possano davvero essere rimessi al centro delle priorità.
La situazione non deve indurci a demonizzare i privati che, come tali, sono legittimati a perseguire anche logiche di marginalità economica, ma piuttosto a richiamare la Regione alla responsabilità politica di ‘omessa regia’ su una delega tanto importante come quella in materia sanitaria.
Per uscire da questa situazione occorre, in prima battuta, un ingente e strutturale investimento a livello statale sul capitolo “sanità pubblica”, portando la percentuale del PIL investito per la salute dei cittadini dall’attuale 6,2% almeno al 7,5%; relativamente al personale è necessario, come richiesto di recente dalla Regione Emilia Romagna, superare i vincoli di spesa e di trattamento accessorio imposti dalla legge nazionale.
A questo si dovrebbe aggiungere un cambio di rotta della Regione, che deve rivendicare e recuperare quel ruolo di pianificazione e programmazione che oggi non ricopre: deve essere infatti l’ente pubblico ad effettuare la programmazione sanitaria, in base solo e soltanto alle esigenze di salute dei cittadini, salvaguardando anche le aree più interne e periferiche della provincia. Vanno riscritte le “regole del gioco” per riequilibrare il rapporto tra l’offerta pubblica e quella privata, in cui la prima e’ stata fortemente danneggiata in questi anni. E la proposta referendaria abrogativa della recente riforma sanitaria può aiutare in questa direzione.
L’alternativa è restare a guardare un sistema sanitario pubblico e universale che pian piano collasserà sotto i tagli governativi e la carenza di personale, e questo non possiamo permetterlo.