La misura è colma da tempo e senza un intervento risolutore da parte della Regione…
I nuovi bisogni di una popolazione che invecchia e all’interno della quale le fragilità aumentano sfidano la programmazione e l’organizzazione dei servizi, perché anche nella nostra Regione sta crescendo la disuguaglianza sociale.
‘Vecchie e nuove fragilità, quali soluzioni?’ è il tema al centro del panel che ho coordinato nella seconda giornata della prima Conferenza regionale sulla sanità organizzata dal gruppo consiliare PD, dal titolo ‘La Salute è un diritto’. nelle giornate del 23 e 24 febbraio
Siamo convinti che una sanità migliore sia possibile; il nostro sistema regionale ha diverse falle e ogni cittadino che ne ha a che fare le conosce bene. Siamo arrivati ad un punto di rottura e le toppe non bastano più: occorre avere il coraggio di ripensare al modello della presa in carico e dell’integrazione sociosanitaria, fornendo risposte più aderenti ai bisogni e ottimizzando gli investimenti.
L’obiettivo di questa due giorni di confronto è stato prima di tutto quello di mettersi in ascolto di enti, associazioni e realtà sociosanitarie “perché un modello nuovo e diverso non può prescindere dal monitoraggio di vecchi e nuovi bisogni e dalla condivisione delle azioni con i principali erogatori di servizi, nonché con le realtà associative e le rappresentanze” prosegue Casati.
Dai vari interventi che si sono susseguiti nella mattinata, sono emersi con evidenza i limiti di un sistema che si è irrigidito nel governo dell’offerta, non permettendo le necessarie evoluzioni delle politiche in area sociale e sociosanitaria. Non bastano le sperimentazioni, serve una flessibilità che oggi non c’è. Bisogna cambiare paradigma e mettere al centro i bisogni reali, per poi rivedere in modo adeguato le unità d’offerta, alcune delle quali sono gravemente in crisi perché vanno ridefiniti gli strumenti, uscendo dalla logica del voucher e puntando su una vera coprogettazione e una sussidiarietà reale.
“Spesso si punta il dito sulle risorse che non ci sono – aggiunge Casati – ma non possiamo usare questo come alibi: certamente gli investimenti per la sanità devono aumentare a livello nazionale e arrivare, in linea con i paesi Ue, al 7,5% del Pil, ma è assurdo pensare che la loro crescita possa seguire il trend di incremento dei bisogni di cura e presa in carico della popolazione”.
Ecco allora che serve un nuovo modello, che sia innovativo e al passo con i bisogni, che dia un taglio con il passato, che veda la Regione esercitare un ruolo forte di responsabilità e di coprogettazione. Serve uscire dalla frammentazione delle misure, serve una nuova integrazione e una governance di multilivello, connettendo piani territoriali e di zona. Se poi parliamo di sussidiarietà, serve anche un nuovo modo di rapportarsi al privato sociale, non solo delegandogli l’esercizio di una funzione pubblica, ma valorizzandolo come interlocutore autorevole e protagonista nelle scelte della Regione.